La Fiera di Codogno: Storia e origini
A pagina 25 dell’Almanacco Codognese per l’anno 1817, redatto da Lorenzo Monti, si legge:
“…1791, 21 agosto Essendo stata accordata al Borgo di Codogno da S.M.I. Leopoldo II l’istituzione di una fiera annuale per favorire il commercio di questa lodigiana Provincia, si dà principio alla medesima il 17 novembre di quest’anno con numeroso concorso di negozianti e forestieri, non che di merci e bestiami.”
Non inganni la laconicità della notizia. Dietro di essa sta tutto il fervore operativo del ‘700 codognese, secolo d’oro per la sua economia.
Basta dare una scorsa alle “Memorie storiche del Regio Borgo di Codogno” del Goldaniga per rendersene conto, un avvenimento tanto eccezionale non fu casuale oppure un gesto gratificante e gratuito: fu il coronamento logico e necessario di una situazione economica particolarmente favorevole e protrattasi negli anni.
E non parlo dei noti risultati nel campo agricolo caseario, ma anche di tutte quelle attività “minori” che minori non erano nel 700 a Codogno anche se oggi completamente dimenticate.
Dice il Goldaniga:
“…di arti inoltre liberali-meccaniche si è ben provveduto il paese, contandovisi da 5 ad altre volte anche 6 ben comode spezierie con saggi speziali e dotti. Più pittori, orefici, indoratori, scultori, librai, orologieri, compositori di strumenti da suono, stampatori di Tele a fini e diversi colori alla foggia d’Olanda (…)barbieri, conciaparrucche, calzolai, e conciascarpe, i sarti di bottega pubblica e casa privata, i falegnami da civile e da campagna. Fabbriche di cera alla foggia di Venezia, i capelli di feltro, di Acetto alla milanese, più tintorie d’ogni sorte e colore (…) più ferrai e marescalchi, più botteghe di ferrarezza e rame, più lagnami, pellizzari e botteghe da pattè(…)”.
Ma, conclude il frate storico, queste “possono chiamarsi bagatelle: al solo formaggio, cavezzi, tele e sete unicamente mi attengo, e dico che nel corso solo di un anno ci è di traffico per 3 Millioni in quel torno di Lire di Milano ed in tal tempo si collocheranno da’ mercanti di questo Borgo nelle proprie case per poscia inviarlo a corrispondenti in altri paesi lontani da Trantacinque in 40 mila Forme di Cassio Lodigiano da 5, 6, e tal’ora anche 7 rubbi e più, cioè 25 lire di 12 onzie Lodigiane per rubbo cadauna, e sono tante le diversità delle persone de’ Mercanti, che a questo Borgo cone a piazza ch’egli è del Cassio Lodigiano per tal compra da varie Provincie concorrano che arreca meraviglia a Forestieri medesimi il vederne un Borgo sì mercantile e pingue.
Né la negoziazione dei Codognesi del Cassio, Butiro, Sete, Cavezzi e tele in 1000 modi da questi Tessitori composte si ferma solo nelle vicine Città, ma si estende anche in tutto il dominio Veneto, Genovesato, e Romano, ed oltrepassando alle volte i Monti ed i Mari, si dilunga per fino a’ Regni più lontani delle Spagne e Portogallo, come anche ne’ settentrionali popoli di Germania e Prussia, Francia, e Sardegna, nei quali s’inviano le nominate merci da questo Borgo”.
Il nome di Codogno, quindi, nel ‘700 è conosciuto praticamente in tutta l’Europa attraverso l’ingegno e l’efficienza di Mercanti coraggiosi, che non si accontentano di esportare formaggi, ma fanno conoscere telerie, cappelli, cere, attrezzature per lavoro nei campi e nelle stalle, i bellissimi “look” per cavalli da tiro e da cerimonia, e splendide rifiniture per carri e carrozze.
Tirando un po’ le somme, diciamo dunque che la fiera fu una necessità riconosciuta dai reggitori della cosa pubblica e reclamata da tutti per confrontare le “cose” di casa nostra con quelle di casa altrui per migliorare e migliorarsi.
Qualcuno si chiederà perché la scelta del periodo cadde sul mese di novembre.
La risposta è semplice. L’11 novembre è il giorno di San Martino, e chiudeva il periodo in cui praticamente si concludevano gli accordi lavorativi per l’agricoltura.
Si erano compiuti i trasferimenti delle famiglie da una cascina all’altra, i cambi del “padrone” e soprattutto si erano “fatti i conti” per sapere quanto rimaneva a disposizione in soldi, e si potevano contare i sacchi di granoturco, di riso e di frumento per “la fame” dell’anno successivo.
La gente, quindi, poteva anche spendere qualcosina di più. E siccome attorno alle macchine, agli “stand” per il bestiame, si formavano banchi e banchetti per telerie e manufatti per la casa, l’arredamento e il vestiario, ecco che i contadini (i paisan) approfittavano anche dei “buoni prezzi” per preparare il corredo alle figlie da marito.
Non sempre e non solo gli scambi avvenivano tra merce e soldi, spesso pure tra merce e merce (da non molto si è spenta l’usanza di barattare le castagne con il granoturco).
E attorno a tutto questo movimento da “mercato” straordinario, anche i bambini avevano il loro contentino: giostre, balocchi, torrone e dolci in genere. E baracconi con la “donna cannone” o la “donna barbuta” o altre attrazioni più o meno di buon gusto.
Insomma: tutta la famiglia poteva partecipare ad una settimana di festa.
La Fiera di Codogno, una delle più importanti nel campo agricolo caseario, divenne ben presto il luogo di incontro di gente proveniente da ogni parte d’Italia e dai paesi confinanti, arrecando così grande giovamento economico al Borgo e Benessere per i suoi cittadini.
In un primo tempo i giorni dedicati alla fiera erano giovedì, venerdì e sabato; in un secondo tempo (per esigenze di mercati di paesi vicini) si passò al mercoledì e la domenica successiva.
In tempi recenti, con la riduzione drastica della mano d’opera in agricoltura e con il conseguente pendolarismo snervante verso le città che danno lavoro, assistiamo ad un chiudersi di questo avvenimento in uno stretto scambio tra allevatori per razze sempre più pregiate, e fra tecnici agrari per la messa a punto di macchine particolarmente sofisticate ed utili.
La Fiera di Codogno, anche per la concorrenza con altre manifestazioni simili, è divenuta una competizione quasi esclusivamente affidata alla tecnica e non alla capacità creativa dei conduttori dei fondi.
E’ comunque sempre una grossa realtà, anche se le famiglie vi partecipano un po’ meno, potendo – grazie a Dio e al progresso sociale – disporre di finanze più solide e di spiccioli da spendere tutto l’anno.
E’ rimasto vivo il divertimento per i giovani e i giovanissimi. E’ morta purtroppo – per sempre? – la stagione teatrale che vide a Codogno, proprio nel periodo fieristico, cantanti lirici di qualche importanza e compagnie di spettacolo rispettabili calcare con successo le scene di un teatro che è vivo solo nei ricordi e nella nostalgia.
(Testo tratto dai “Cenni Storici” del Comune di Codogno – redatto da Tranquillo Salvatori)